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“Fu
solo un piccolo incidente della finale di Coppa del Mondo del 2002, ma
mi
permette di spiegare cosa è fondamentale per un arbitro
nell’interpretazione di
una partita. Eravamo nel bel mezzo della finale e io notai che un
giocatore del
Brasile aveva la maglia strappata, così gli chiesi di
sostituirla. Gliene
diedero una nuova, lui si tolse quella strappata e cominciò
una strana danza
agitando convulsamente le braccia nel suo tentativo di indossarla.
Lottando con
la maglia, l’aggrovigliò completamente, ma una
volta indossata, essa era al
contrario. Alla fine, riuscì a metterla dalla parte giusta.
Anche se si tratta
solo di un piccolo incidente, fa capire un problema un po’
più serio. Se avessi
applicato le regole alla lettera, Edmilson avrebbe dovuto lasciare il
campo di
gioco, per esservi riammesso solo dopo aver indossato correttamente la
maglia.
Chiedergli di uscire sarebbe stato da parte mia un errore di
interpretazione di
quella partita; sarebbe stato un tradimento dello spirito di fair play
che
entrambe le squadre stavano dimostrando sul campo. Era molto meglio
perdere un
po’ di tempo, anche se non pensavo che un cambio di maglia
potesse trasformarsi
in uno spettacolo di contorsionismo, piuttosto che mettere a rischio
quella
bella atmosfera con una rigida applicazione delle regole”.
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Nell’incontro
del campionato di Serie A 1993/94 Roma-Milan, Franco Baresi fu
protagonista
di un episodio
particolare.
“Tre
minuti dopo il calcio d’inizio, mentre il Milan applicava la
trappola del
fuorigioco all’altezza della metà campo, a un
giocatore della Roma arrivò un
passaggio in profondità che questi sfruttò
andando verso la porta del Milan
senza avversari intorno, avendo pertanto una chiara occasione da gol.
Baresi lo
trattenne per la maglia, non in modo plateale, ma abbastanza da
impedire al
giocatore di avanzare. La decisione fu per me inevitabile: cartellino
rosso per
Baresi al terzo minuto del primo tempo. A dir la verità, i
giorni successivi mi
chiesi se non l’avessi trattato ingiustamente espellendolo
senza che
praticamente avesse toccato palla. Ma un arbitro non può e
non deve tenere
conto dei colori delle maglie e dei nomi che vi sono scritti.
L’arbitro non
deve vedere i colori e deve avere la memoria corta: non può
permettersi di
riconoscere i giocatori, e sul campo il grande campione deve essere
trattato
come l’ultimo arrivato”.
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